DECRETO LEGISLATIVO
num.626 del 19.09.1994
Attuazione delle direttive
89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE,
90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE,
2001/45/CE e 99/92/CE
riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute
estratto
TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO
Art.30. Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo
si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere i posti di lavoro, ubicati all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell'area
della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il
lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o
forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di
sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato
II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso,
di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di
circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati
od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure
idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di
igiene personale.
Art.31. Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e
fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o
utilizzati anteriormente all'entrata in vigore
del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e
salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento
concessorio o
autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il
procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi
entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui
al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per
la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel
caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza
competente per territorio.
[1] Modifica ex art. 15 del D.Lgs. 19 marzo
1996, n. 242.
Art.32. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono
a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di
emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni
evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente
possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la
salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o
all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e
al controllo del loro funzionamento.
Art.33.
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13 del decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
sostituito dal seguente:
"Art. 13. (Vie e
uscite di emergenza).
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle
persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro
dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di
passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima
apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata
(larghezza utile di passaggio) [1].
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di
raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati
rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di
emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla
loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi
installate, nonchè al numero massimo di persone
che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e
larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono
essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter
essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che
abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte
delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo
non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o
per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati
specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco
competente per territorio [2].
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se
non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire,
quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte
scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le
vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere
ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza
impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in
luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono
essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che
entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni
che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle
quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale
distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica
normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in
conformità, quando non ne esista l'impossibilità
accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo
caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe
già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento
dell'organo di vigilanza [3].
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si
applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi
debbono avere un numero sufficiente di vie ed
uscite di emergenza."
2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Porte e
portoni).
1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione,
e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed
essere agevolmente apribili dall'interno durante il
lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di
esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che
si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5
lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza
minima di m 1,20 [4].
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al
comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima
di m 0,80 [5];
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di
m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo [5];
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c)
il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso
dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori
normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati
limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere
minore, purchè la loro larghezza complessiva non
risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è
applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per
le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80
è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento) [6].
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13,
comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le
disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le
porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse
centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del
locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla
circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni
sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate
in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o
essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo
all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non
sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori
possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono
essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che
impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un
sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza
rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di
dispositivi di arresto di emergenza facilmente
identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo
che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di
energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere
contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente
alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento,
dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere
aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono
essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione,
consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili
dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti
luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai
precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima
del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e
6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle
porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve
essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla
licenza di abitabilità [7].»
3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. (Vie di
circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi).
1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di
carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i
veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente
alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste
vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero
merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di
impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto,
dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una
distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e
scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per
garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di
circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della
natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di
cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per
impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori
autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio
non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in
condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone
e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che
ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente
eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono
un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere,
gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati."
4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II
Disposizioni particolari".
5. L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza,
cubatura e superficie).
1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi
destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano
più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le
lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m 3;
b) cubatura non inferiore a mc 10 per
lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una
superficie di almeno mq 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè
senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media
della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza
competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle
sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di
ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente
articolo circa l'altezza, la cubatura e la
superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende
industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che
in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza,
pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal
tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza
sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente."
[8].
6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9. (Aerazione
dei luoghi di lavoro chiusi).
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei
metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i
lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche
ottenuta con impianti di areazione [9].
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre
mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un
sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute
dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di
ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non
siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo
immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria
respirata deve essere eliminato rapidamente.".
7. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Temperatura
dei locali).
1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo
umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro
applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener
conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di
umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di
sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto
soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da
evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di
lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di
lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente,
si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo
alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali
di protezione.".
8. L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10. (Illuminazione
naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro).
1. A meno che non sia richisto diversamente
dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali
sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce
naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono
essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale
adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di
lavoratori [10].
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di
lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il
tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i
lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a
rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di
un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale
devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di
efficienza.".
9. L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7. (Pavimenti,
muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili,
banchina e rampe di carico).
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della
lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non
rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un
isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e
dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da
poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene
[11].
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o
piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed
antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento
sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed
impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso
i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si
mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di
graticolato, se i lavoratori non sono forniti di
idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali
di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e
delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite
da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero
essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in
modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti,
nè rimanere feriti qualora esse vadano in
frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale
altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i
lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi [12].
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter
essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza.
Quando sono aperti essi devono essere posizionati
in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con
l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro
nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente
resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che
permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza,
devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono
possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed
accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei
carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è
tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di
lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna
estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i
lavoratori possono cadere.
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa,
alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di
carico [13].».
10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Locali di
riposo).
1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del
tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un
locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale
lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti
possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati
di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei
lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione
dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e
non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del
personale altri locali affinchè questi possa
soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza
o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere
misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti
del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi,
il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni
qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di
riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.".
11. L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40. (Spogliatoi
e armadi per il vestiario).
1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a
disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di
lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro
chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque
dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in
tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi,
secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati
nell'ambito dell'orario di lavoro [14].
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente,
essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben
difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di
sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a
ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo
di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con
sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od
incrostanti, nonchè in quelle dove si usano
sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli
armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli
indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre
delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37. (Docce).
1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei
lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a
ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate
di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi
detergenti e per asciugarsi [15].
Art. 39. (Gabinetti e
lavabi).
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei
locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi
con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò
sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle
aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a
dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi [16].».
13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Posti di
lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro
la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate
altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti
all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività
devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei
veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono
altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno
dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi,
alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e
sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè
alle banchine di carico [17].
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui
all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai
luoghi di lavoro esterni [17].
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con
luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono
essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i
lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la
caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi,
quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o
possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi
dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
[1] Modifica ex art. 16, comma 2, lett. a), del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
[2] Modifica ex art. 16, comma 2, lett. b), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[3] Modifica ex art. 16, comma 2, lett. c), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[4] Modifica ex art. 16, comma 3, lett. a), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[5] Modifica ex art. 16, comma 3, lett. b), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[6] Modifica ex art. 16, comma 3, lett. c), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[7] Modifica ex art. 16, comma 3, lett. d), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[8] Modifica ex art. 16, comma 4, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[9] Modifica ex art. 16, comma 6, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[10] Modifica ex art. 16, comma 7, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[11] Modifica ex art. 16, comma 5, lett. a), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[12] Modifica ex art. 16, comma 5, lett. b), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[13] Modifica ex art. 16, comma 5, lett. c), del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[14] Modifica ex art. 16, comma 11, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[15] Modifica ex art. 16, comma 8, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[16] Modifica ex art. 16, comma 10, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[17] Modifica ex art. 16, comma 1, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
TITOLO III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
Art.34. Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo
si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od
impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori
servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la
manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce
un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
c-bis) lavoro in quota: attivita' lavorativa che
espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza
superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile [1].
Modifica ex art. 4 del D.Lgs.
8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005).
Art.35. Obblighi del datore di lavoro [1]
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei
lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero
adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate
per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro
da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere
utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
Inoltre il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante
l'uso delle attrezzature di lavoro siano
rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
cbis) i sistemi di
comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei
disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato
dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature
di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la
rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove
necessario, da apposite istruzioni d'uso;
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e
per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio
disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili
circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano
essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di
lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per
attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a
piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi
e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di
lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi
subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse
meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale
fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la
velocità dell'attrezzatura sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano
utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità
sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di
lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da
movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle
condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della
configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di
sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire
all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano
scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo
tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di
carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo
che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate
per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di
lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore
aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi
con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne
conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché
adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei
lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare
simultaneanente da due o più attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura
d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non
guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o
totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per
evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non
devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona
di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la
massima sicurezza;
f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da
mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i
lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e
siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in
particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di
lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede
affinché le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a
verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche
periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di
assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono
tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo
di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio
dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione
dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque
queste sono utilizzate".
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilità particolari in relazione ai loro
rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro é riservato a lavoratori all'uopo
incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore
interessato é qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
[1] Come modificato dall’articolo 2 del D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 359.
Art.36. Disposizioni concernenti le attrezzature
di lavoro [1]
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono
soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse
applicabili.
2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime
giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura é stata
costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure
per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò é
appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e
del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita
di un dispositivo di arresto di emergenza.".
5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3 é aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme
essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di
errore.". [2]
6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 é fornito il libretto di
manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956,
n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i
seguenti commi:
"Un'attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di
oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza
corrispondenti a tali pericoli. Un'attrezzatura di lavoro che comporta
pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni
di polvere, deve essere munita di appropriati
dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte
corrispondente a tali pericoli.". [3]
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del D.Lgs.359/99
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro
il 30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato,
già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non
soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie
concernenti disposizioni di carattere costruttivo, allorché esiste per
l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente.
[4]
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non
vengono adeguate il datore di lavoro adotta
misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2,
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a
seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle
effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non
comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste
dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'art.
1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.
[1] Come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 359.
[2] Modifica ex art. 17, comma 2, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[3] Comma abrogato dall'art. 17, comma 1, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
[4] Termine differito al 5 dicembre 2002 (limitatamente alle attrezzature
individuate ai punti 1.3 e 1.4 dell'allegato XV) dall'
art. 20 della Legge 1 marzo 2002, n.39
Art. 36-bis. Obblighi del datore di lavoro
nell'uso di attrezzature per lavori in quota [1]
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non
possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni
ergonomiche adeguate a partire da un luogo
adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro
piu' idonee a
garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in
conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione
collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori
da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di
rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo
piu' idoneo di
sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla
frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il
sistema di accesso adottato deve consentire
l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema
di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e
viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia
utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in
cui l'uso di altre attrezzature di lavoro
considerate piu' sicure non e' giustificato a
causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure
delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo'
modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano
impiegati sistemi di accesso e di posizionamento
mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto
in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che
il lavoro puo' essere effettuato in condizioni
di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata
piu' sicura non e' giustificato a causa della
breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non
puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro
prevede l'impiego di un sedile munito di appositi
accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in
particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere
ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di
attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le
misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle
attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di
dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono
presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da
arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire,
per quanto possibile, eventuali lesioni dei
lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono
presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a
pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura
particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di
protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza
equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali
misure. Una volta terminato definitivamente o
temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di
protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori
temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in
pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.
[1] Modifica ex art. 5 del D.Lgs. 8 luglio 2003,
n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005).